Cereali nel forlivese, Confagricoltura: costi in aumento e produzione in calo del 20%
Le operazioni di trebbiatura sono quasi terminate nel forlivese e l’attenzione dei cerealicoltori sono tutte rivolte ai prezzi del grano. Prezzi più alti dello scorso anno, è vero, ma le quotazioni alte non fanno dormire sonni tranquilli ai produttori. “Inutile girarci attorno, la produzione di grano sarà per forza di cose al ribasso”, spiega Carlo Carli, presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, reduce dall’Assemblea nazionale dell’associazione a Roma, dove si è confrontato con il presidente nazionale Massimiliano Giansanti e gli altri colleghi sulle dinamiche del mercato cerealicolo. “Le forti ondate di calore e la siccità che ha caratterizzato la primavera e questa prima parte d’estate hanno impattato sullo sviluppo dei cereali: da un confronto con i nostri soci stimiamo una riduzione della produzione pari a circa il 20%”, analizza il presidente dell’organizzazione.
Capitolo prezzi. Alla Borsa merci di Bologna, piazza di riferimento per il frumento tenero e duro del nostro territorio, i primi listini si sono aperti con valori importanti: grano duro in una forbisce tra 535 e 547 euro a tonnellata; mentre per il grano tenero tra i 340 e i 413 euro a tonnellata a seconda della qualità. Ma da fine luglio alla prima settimana di luglio le quotazioni sono già diminuite (6 euro a tonnellata per il tenero; 15 per il duro).
“Sui prezzi dei cereali, soprattutto in questo periodo – ribadisce Carli – va assolutamente evitato ogni tipo di speculazione. Anche se questo mercato è influenzato dalla geopolitica, dalle produzioni del Nord America che paiono importanti. Quindi i fattori da tenere sotto controllo sono molteplici. Ma restiamo in casa nostra: la produzione come detto è inferiore, i costi di produzione, una delle poche cose certe per l’agricoltore, sono schizzati alle stelle: l’imprenditore agricolo può quindi essere tentato di vendere il grano in apertura di questa campagna, evitare i costi di stoccaggio e provare a monetizzare subito il proprio lavoro. L’incognita, a questo punto, è nella capacità del mercato di difendere le quotazioni e dalla capacità delle strutture che ritirano i cereali di riconoscere questi prezzi e liquidare il cerealicoltore. In questo momento il rischio di impresa è tutto sulle spalle dei produttori agricoli, che hanno già fatto fronte ai costi di produzione ma non hanno ancora i risultati di realizzo. E’ una situazione molto delicata, proprio per questo diciamo no a forme di speculazione che possano turbare un mercato già sotto stress”.
Un passo indietro sui costi di produzione. “Prendiamo il gasolio agricolo che nel giro di un anno è passato da 0,70 a quasi 1,4 euro al litro; oppure l’urea, il concime azotato più impiegato in cerealicoltura: il suo prezzo è più che raddoppiato passando da 50 euro il quintali fino a punte di 120. Il lavoro conto terzi è andato di pari passo all’aumento del costo del gasolio… Sono spese che rischiano di affossare le attività dei nostri agricoltori – conclude Carli – Tutta la filiera deve assumere un atteggiamento responsabile e il consumatore deve conoscere queste dinamiche che si celano dietro il pane o la pasta che acquista al supermercato”.