Quarant’anni fa moriva Francesco Olivucci: il pronipote Michele Antonini ricorda uno dei più grandi artisti del Novecento
Il 24 marzo 1985 ci lasciava Francesco Olivucci, pittore, incisore, insegnante, artista a tutto campo. Pochi ricorderanno il suo sguardo ceruleo e la chioma ramata che ne caratterizzava l’aspetto giovanile, che oggi si evince solo dai bellissimi autoritratti che ci ha lasciato.
Forlì ricorda la sua figura attraverso le parole del pronipote Michele Antonini, che ha dedicato all’avo la sua tesi di laurea presso il dipartimento di Storia dell’Università di Bologna.
“Conosco le opere del bisnonno fin da piccolo, quasi per osmosi, per la presenza di quadri e stampe nella mia abitazione e per le tante opere disseminate in città di cui mia madre Giovanna Ravaioli è custode e promotrice, trasmettendomi le voci di una presenza che non avevo vissuto ed avviandomi così alla comprensione del suo percorso artistico ed umano. La Madonna affrescata in via della Ripa, di cui si attende la pulizia ed il consolidamento della pittura, le cancellate della Cassa dei Risparmi di Forlì in corso della Repubblica, gli affreschi degli ambienti di Palazzo Braschi e Palazzo Numai-Foschi, le pitture delle sale dell’Armeria Albicini a Palazzo Merenda, la raccolta di stampe donate da Olivucci all’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea della Provincia di Forlì, gli scomparsi affreschi del salone della Prefettura di Forlì (a cui vorrei dedicare un mio prossimo approfondimento storico); queste sono solo alcune delle opere da lui realizzate per la nostra città. E già da questa ricognizione si evince uno stile ed un portato artistico che permettono di collocare Olivucci a pieno titolo nel panorama culturale europeo”.
“Olivucci presenta un interesse che si spinge ben oltre la cronaca e la storia locale. Prendere in considerazione il suo percorso consente di attingere ai processi, ai fenomeni ed alle contraddizioni del secolo scorso da una prospettiva particolare. Tramite i suoi lavori declinati con ampio spettro di tecniche espressive mirabilmente padroneggiate, si possono osservare due storie. La prima parte dalla Grande Guerra e dall’avvento del Fascismo, per passare al Secondo conflitto mondiale e poi alla speranza in un mondo migliore riposta nella guerra di Liberazione. Mentre l’altra è la storia della Romagna agricola e quotidiana colta attraverso la vitalità dei suoi ritratti e dei personaggi con la loro forza nell’affrontare la vita. Ecco perché a quarant’anni dalla sua morte ha ancora senso studiare Francesco Olivucci e la sua vicenda storico artistica”.