Meldola: lo storico Davide Conti presenta il libro “L’occupazione italiana dei Balcani”

Sabato 22 febbraio 2025, alle ore 17.00, presso la Sala “Nella Versari”, piazza Felice Orsini 12, il Comune di Meldola in collaborazione con la sezione cittadina dell’Anpi organizza la presentazione del libro “L’Occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della ‘brava gente’ (1940-1943)”. Interverrà l’autore Davide Conti, storico, consulente della Procura di Bologna (inchiesta sulla strage 2 agosto 1980), già consulente della Procura di Brescia (inchiesta sulla strage 28 maggio 1974), consulente dell’Archivio Storico del Senato della Repubblica, e autore della ricerca sulla Guerra di Liberazione a Roma 1943-1944 che ha determinato il conferimento della Medaglia d’oro al Valor Militare alla città di Roma da parte del Presidente della Repubblica. La serata sarà aperta dai saluti di Paola Borghesi, presidente Anpi Meldola, e dall’introduzione di Michele Drudi, assessore alla Cultura.

Il libro di Conti affronta una questione irrisolta nella storia del nostro paese: alla fine della seconda guerra mondiale il giudizio sui militari del Regio Esercito era diviso tra un’opinione pubblica internazionale che li considerava criminali di guerra e un’opinione pubblica interna incline a considerarli vittime della guerra fascista e “buoni italiani”. Quali furono le cause che determinarono una percezione tanto difforme della realtà degli eventi legati alle guerre di aggressione dell’Italia fascista? Dalla documentazione ricavata, in gran parte inedita, dall’Archivio Centrale dello Stato e da quello del Ministero degli Affari Esteri è emersa come la condotta delle truppe del Regio Esercito durante l’occupazione in Jugoslavia, Grecia ed Albania, negli anni 1940-’43 sia stata caratterizzata dalla snazionalizzazione, dalle repressioni contro i civili, dagli internamenti, dalle esecuzioni sommarie: crimini di guerra, appunto.

Ciononostante essa rappresenta da sempre un tema sul quale l’opinione pubblica italiana si è misurata con difficoltà, se non con aperta reticenza. All’elaborazione critica del passato fascista è stato sostituito un generale processo di rimozione e autoassoluzione coniugato sul falso mito del “buon italiano”. Le ragioni che hanno permesso l’affermazione di un tale paradigma trovano origine nella situazione internazionale del dopoguerra, quando le necessità di riorganizzare il blocco occidentale in chiave anticomunista evitò l’estradizione ed il processo ai numerosi criminali di guerra italiani, richiesti dai governi albanese, jugoslavo e greco, favorire un rapido riarmo dell’Italia e la sua inclusione all’interno dell’Alleanza Atlantica.