“Quale Natale?”: una riflessione a cura di Pierantonio Zavatti

In questi giorni, come ogni anno, ci auguriamo in modo più o meno rituale Buon Natale, e ci sentiamo forse un po’ più buoni. Anche se il cuore e la testa sono spesso altrove. Pensiamo agli auguri e alle telefonate  dell’ultim’ora, ci affanniamo nella ricerca di regali, facendoci i conti in tasca, sforzandoci di evitare quelli già fatti e preoccupandoci  che siano adeguati al destinatario. In molti c’è il pensiero dell’orario della Messa che non dobbiamo perdere, in quasi tutti quello del pranzo natalizio.  Forse facciamo qualche donazione per i poveri. E sentiamo in modo meno superficiale il dramma della fame e della sete di cui tanti soffrono nel mondo e la tragica realtà di guerre che devastano il nostro sempre più piccolo pianeta. Più volte al giorno ne vediamo tante immagini, anche le più cruente. La terza guerra mondiale a pezzi di cui ha parlato papa Francesco già all’inizio del suo pontificato rischia di compattarsi in unico conflitto mondiale per i non impossibili sviluppi delle guerre in Ucraina e in Palestina.

È vero, nel mondo c’è anche tanto desiderio di pace, ma purtroppo sembrano prevalere un senso di impotenza e di rassegnazione. Che cosa facciamo veramente, come singole persone, come società, come forze politiche e come comunità internazionale per contrastare gli infuocati venti di guerra e per spezzare le radici di conflitti che si annidano in profonde ingiustizie e nell’avidità di ricchezze e di potere, la famelica “lupa” denunciata da Dante già sette secoli fa ? La storia ci insegna troppo poco e spesso ripetiamo in peggio gli errori già compiuti, ma è irrinunciabile la speranza che alimenta – nonostante tutto- la nascita del “bambinello”, come lo chiamò Trilussa nella sua sempre attuale poesia “Natale de guerra”, scritta nel dicembre 1915, quando infuriava la prima guerra mondiale. Per questa poesia troviamo sempre, come famiglia,  uno spazio nel nostro piccolo presepe domestico, perché in questa leggiamo sia una denuncia sia un monito, se l’umanità vuole avere un futuro

PIERANTONIO ZAVATTI