La vivente lezione di don Mario Ricca (1923-1978)

Il 2 settembre, nel quarantacinquesimo anniversario della morte per malaria di don Mario Ricca in Zaire (oggi di nuovo Congo), la parrocchia della Cava, da lui fondata nel 1954, ne ha fatto memoria con una messa celebrata da padre Pietro Rinaldi, missionario saveriano, con don Domenico e don Davide, nella piazza  che gli è stata dedicata molti anni fa. Nel centro del quartiere di cui è stato assieme al laico  Angelo Budroni uno straordinario animatore di relazioni umane volte alla creazione di migliori condizioni di vita e alla valorizzazione del dialogo interculturale e della dignità della persona, di ogni persona. Anche attraverso le necessarie sollecitazioni verso il Comune e le istituzioni in genere, che ieri come oggi hanno un vitale bisogno del controllo sociale e dell’iniziativa di base per essere all’altezza dei propri doveri.

Dopo essere stato per diciassette anni missionario nel proprio quartiere, ispirandosi a quella che chiamava “la politica del Padre Nostro” e poi alla grande svolta del Concilio, don Mario Ricca (allievo di don Pippo) ha compiuto nel 1971 la scelta della missione “ad gentes” che aveva già sognato nella giovinezza, dopo il diploma conseguito al liceo classico di Forlì. Con l’umiltà e la semplicità del suo stile è stato anche uno studioso molto serio. E scrittore dal Congo di lettere capaci di incidere nelle coscienze come quelle di don Milani da Barbiana.

Nei sette anni in cui è stato missionario “Fidei donum” nella missione di Kasika , ha dato un esempio non comune di attitudine a saper coniugare strettamente evangelizzazione (in maniera non puramente dottrinaria) e promozione umana dei poveri. Ciò che ha seminato resta vivo grazie anche al generoso impegno del gruppo missionario della sua parrocchia. E non è un caso, a mio avviso, che il quartiere della Cava, come quello dei Romiti, abbia ancora oggi una speciale vivacità civica, culturale e spirituale, dovuta all’impronta delle origini e alla sua storia.

Pierantonio Zavatti