Dimissioni nei rapporti di lavoro: il dato è in aumento in provincia di Forlì-Cesena
Aumentano le dimissioni nei rapporti di lavoro negli ultimi cinque anni nell’area Romagna – Forlì-Cesena e Rimini, secondo le elaborazioni dell’Osservatorio della Camera di commercio della Romagna su dati INPS. La metà delle dimissioni riguarda la tipologia di lavoro a tempo indeterminato, seguite da quelle relative ai contratti a termine. Nel 1° trimestre di quest’anno, invece, si assiste, in termini tendenziali, ad una diminuzione delle dimissioni.
Le dimissioni nei rapporti di lavoro: area Romagna – Forlì-Cesena e Rimini
Nel 2022 nell’area Romagna – Forlì-Cesena e Rimini le dimissioni nei rapporti di lavoro sono state 30.582, ovvero il 18,0% delle cessazioni del totale dei rapporti (170.210), con una crescita, rispetto al 2021, del 12,6%. Nel medio periodo, poi, si assiste ad un incremento ben maggiore: +34,7%, infatti, sul 2018. Tale crescita, interrotta solo nell’anno di inizio della pandemia, ha portato ad un aumento dell’incidenza delle dimissioni di 4,3 punti percentuali: dal 13,7% del 2018 al 18,0% del 2022. Il fine contratto, che rimane il principale motivo di cessazione, vede invece calare la relativa incidenza di 2,7 p.p. (dal 74,8% del 2018 al 72,1% del 2022). Il 50,1% delle dimissioni si riferisce ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, il 20,8% a rapporti a termine, il 10,8% a situazioni di apprendistato, il 9,2% al lavoro stagionale, il 6,1% alla somministrazione e il 3,0% al lavoro intermittente. Nel 1° trimestre del 2023, rispetto a gennaio-marzo 2022, si assiste, invece, ad un calo delle dimissioni del 3,5% (da 6.827 del 1° trimestre 2022 a 6.589 dei primi tre mesi del 2023).
Le dimissioni nei rapporti di lavoro: provincia di Forlì-Cesena
Nel 2022 in provincia di Forlì-Cesena le dimissioni nei rapporti di lavoro sono state 16.559, ovvero il 24,3% delle cessazioni del totale dei rapporti (68.182), con una crescita, rispetto al 2021, dell’11,6%. Nel medio periodo, poi, si assiste ad un incremento ben maggiore: +39,5%, infatti, sul 2018. Tale crescita, interrotta solo nell’anno di inizio della pandemia, ha portato ad un aumento dell’incidenza delle dimissioni di 6,4 punti percentuali: dal 17,9% del 2018 al 24,3% del 2022. Il fine contratto, che rimane il principale motivo di cessazione, vede invece calare la relativa incidenza di 6,6 p.p. (dal 70,9% del 2018 al 64,3% del 2022). Il 53,0% delle dimissioni si riferisce ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, il 21,0% a rapporti a termine, il 10,3% a situazioni di apprendistato, il 7,1% alla somministrazione, il 5,5% al lavoro stagionale, e il 3,1% al lavoro intermittente. Riguardo al genere, il 58,7% dei lavoratori dimissionari e di sesso maschile e il 41,3% femminile, mentre, per ciò che concerne l’età, il 30,6% rientra nella fascia fino a 29 anni, il 47,2% nella fascia 30-50 anni e il 22,2% appartiene a quella oltre i 51 anni. Nel 1° trimestre del 2023, rispetto a gennaio-marzo 2022, si assiste, invece, ad un calo delle dimissioni dell’1,4% (da 3.812 del 1° trimestre 2022 a 3.758 dei primi tre mesi del 2023).
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