L’omelia del card. Matteo Maria Zuppi per i funerali di Flavia Franzoni Prodi
Si pubblica qui di seguito l’omelia del card. Matteo Maria Zuppi per i funerali di Flavia Franzoni Prodi, che si sono tenuti venerdì 16 giugno nella chiesa di San Giovanni in Monte di Bologna.
“Mentre trascorre la vita solo tu non sei mai. Santa Maria del cammino sempre sarà con te”. Un cammino. Non possiamo stare fermi, altrimenti la vita ci cammina davanti e la perdiamo. In questa casa, la sua parrocchia, con la sua comunità, dove si capisce che la Chiesa è una casa e che contiene i nostri fratelli e sorelle del cielo, accompagniamo Flavia con affetto, incredulità, dolore, ma anche con tanta consolazione e speranza. Cammina. Riprende il suo cammino bruscamente interrotto e insieme a San Francesco, che la attendeva sulla terra e la accoglie in cielo, insieme ai suoi cari, ultima la mamma Paola, il piccolo grande Matteo, ai tanti ai quali la sua vita è legata, e giunge dove termina la via degli uomini, che non è mai un cerchio che si chiude su se stesso ma un cammino che giunge alla sua mèta: la casa del cielo. È un legame che ci unisce e che nessuno può spezzare, perché un legame di amore. E solo un legame, e un legame di amore vero, ci rende liberi, autonomi non perché individualisti ma persone e insieme. Insieme, tanto che si entra in simbiosi, si assomigliano persino le calligrafie ma diversi, perché insieme è la garanzia della diversità.
E l’amore è concreto, non è mai solo spirituale. Prende tutta l’anima ma anche tutto il corpo e tutta la mente. Un legame, il giogo dolce e leggero di cui parla il Vangelo. È un legame abbondantemente d’oro che ha legato Flavia a Romano e viceversa, legame dove si confonde la metà dell’uno e dell’altro eppure dove ognuno era se stesso proprio perché insieme, dove si impara insieme, dove lo sguardo univa sempre, tanto che spesso sembrava che lei non ci fosse ma, invece, c’era. Legame dove tutti diventano belli perché pieni di amore, è un legame che richiede quel trucco, fondamentale, come ha detto con intelligenza Romano, che è la manutenzione. Ha funzionato. Fino alla fine, e adesso si trasforma la manutenzione, perché è sempre necessaria e possibile!
Il legame dei nostri legami, che li genera e li mantiene più di tutti, è quello con Gesù vero compagno della nostra e della vostra vita, che è stato in mezzo a voi, dentro di voi, davanti a voi. È legame di amore che unisce Flavia a Giorgio e Antonio, alle loro famiglie, ad Alessandro, alla grande – non dico quanto le stelle del cielo, ma quasi – famiglia Prodi, fratelli, sorelle, zii, nonni e cugini di ogni ordine e grado. È legame che unisce Flavia alle sue e ai suoi nipoti, Chiara, Benedetta, Maddalena, Davide, Giacomo e Tommaso, nel rispettoso e profondo affetto con cui tutti la ricordiamo, lei li contemplava e li ascoltava con curiosità, con tanto intelligente e libero cuore, insieme ai loro amici. Una grande nonna. È, insomma, il legame di amore che ci aiuta a capire quel giogo dolce e leggero di Gesù, legame di amore che rende pieni i nostri, al di là di noi, che unisce terra e cielo, presenti anche quando il male sembra spezzarlo e rende amara e atroce l’assenza. È il legame che vince la nostra solitudine, ogni solitudine, perché niente ci piò separare da Gesù e da quanti vivono con lui.
Oggi è la festa del Sacro Cuore. Ci aiuta a meditare sul cuore di Gesù: chi ama, come ama, a chi si lega, dove mette il suo cuore. Il cuore è il centro dell’organismo, delicatissimo in realtà, sempre, che contiene il soffio della nostra vita – davvero un soffio – che ha e richiede i suoi tempi, che bisogna conoscere e rispettare. Il cuore ha i suoi occhi, quando sono aperti fanno vedere tante cose altrimenti invisibili; ha i suoi orecchi che ci fanno capire nel profondo, perché il cuore illumina la mente che non è piena se non è unita al cuore. Gesù ci aiuta a trovare il cuore. Non è una regola, una morale, lo sappiamo, una legge, fosse la più giusta e convincente. È un amore che richiede amore. “Se mi si domanda perché sono dolce e buono, devo dire: perché sono il servo di uno più buono di me”, diceva Fratel Charles. “Dio è amore: chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”. Ecco cosa non finisce, cosa resta, esigente come è l’amor vero che non si vende e non si compra, che non possiede e per questo possiede tutto, che è anche pienezza della nostra umanità, perché l’amore tutto copre e tutto trasforma.
Dio non fa una lezione sull’amore, non lo spiega e non lo interpreta. Ama. E quindi anche soffre, come chi ama qualcuno per davvero. La devozione del Sacro Cuore è affettiva: ci aiuta a sentire il tanto amore per noi per liberarci dalla paura di amare tanto. Era una devozione legata alla riparazione, cioè aiutare amando, a riparare quello che il male rompe. Lo vediamo nella povertà, nell’ingiustizia, nella guerra che uccide gli uomini e l’umanità, nel desolante e colpevole abbandono dei profughi in mezzo al mare. Flavia spesso diceva che per ogni strappo c’è un rammendo. E questo, come sappiamo, richiede pazienza. Ma l’amore ripara e guarisce, anche strappi dolorosi che richiedono rammendi ancora più attenti. Ecco perché Gesù, cuore di Dio, ci rende umani e ci fa trovare il nostro vero cuore, facendolo funzionare, liberandolo dal volgare e consumista amore per noi stessi e restituendoci al vero amore per noi stessi che è sempre unito all’amore per il prossimo e per Dio. Gesù invita gli uomini stanchi e oppressi: “Io vi darò ristoro”, cioè a prendere il suo giogo, cioè il suo legame. Conosce la fatica del cammino e non vuole che ci fermiamo. Oppure che cerchiamo il ristoro in quello che poi ci fa del male, o fa male al nostro prossimo. È un invito, una promessa tenera quella di Gesù: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita”. Un legame e prendere esempio da lui. Non una lezione, ma un amore mite e umile da vivere insieme. Insieme apre agli altri, non chiude! Come è stato per Romano e Flavia: insieme e con tanto impegno per il prossimo.
“Ben superiore alle perle è il suo valore. Forza e decoro sono il suo vestito e fiduciosa va incontro all’avvenire. Apre la bocca con saggezza e la sua lingua ha solo insegnamenti di bontà”, abbiamo ascoltato. Ecco Flavia, che ha imparato tanto da Gesù mite e umile di cuore. Mite lo è sempre stata, con quel radicalismo dolce che era la sua fermezza e che la coinvolgeva intimamente alle vicende del prossimo. Amava i piccoli. Riservata, in un mondo sguaiato, pieno di vanagloria, davvero vana, di penosa esibizione perché riduce l’amore ad apparenze. Flavia preferiva la sobria e solida vicinanza alla vita vera, partendo dai più fragili, legandosi a loro nella sua ricerca accademica mai chiusa nei corridoi, facendo i luoghi dell’umanità le vere aule dove imparare e vivere, da studiare con cuore e intelligenza, con curiosità e interesse, per provare l’urgenza di cambiare e la programmazione per costruire le soluzioni. Non a caso fu collaboratrice di tanti progetti dal gruppo Abele a Libera, vicina a don Giulio Salmi, don Saverio Aquilano, Aldina Balboni, senza dimenticare don Giacomo Stagni e anche don Gherardi. Anche per questo fu un punto di riferimento per tanti giovani dell’Università di Bologna, sempre con tanta semplice – cioè senza supponenza alcuna – infinita generosità. E generosità significa anche passare il proprio sapere senza appropriarsene, consegnarlo agli altri, perché non ne ha mai fatto strumento di potere ma di servizio. Generosa ma non accomodante. Si schernirebbe e, a questo punto, mi inviterebbe alla sobrietà!
Però è giusto ricordare come con Achille Ardigò, e tanti altri, scelse una branca della Sociologia vicina alle marginalità, che per certi versi verifica e corregge le decisioni degli economisti, certi tagli alla spesa, ad esempio, con conseguenze spesso lasciate a chi viene dopo, perché vede il mondo a partire dai poveri e non viceversa. Con tanta passione civile per i servizi sanitari e sociali, uniti alla comunità umana, come l’assistenza domiciliare che ha dentro una comunità che rende la città casa, indispensabile perché sia pubblica e universalistica, con prossimità e cura, con la pazienza di un lavoro all’uncinetto. Con intelligenza una sua amica ha scritto che Flavia riportava ogni cosa al suo senso profondo, in politica, nelle relazioni occasionali e in quelle profonde, familiari. Era come se lei avesse la bussola. Ci si può smarrire, senza un orientamento così. Ma anche ritrovare, certo, definitivamente. E questa bussola ci porta nel cuore di Gesù, vince e vincerà ogni solitudine.
Faccio mie le parole di Papa Francesco: “Sono certo che dopo più di 50 anni di matrimonio saprai raccogliere l’eredità di fede e di fortezza di Flavia, continuando a testimoniare, nel suo vivo ricordo, la bellezza del vincolo di amore che vi ha tenuto uniti, mano nella mano, fino all’ultima passeggiata insieme”. Caro Romano, cari tutti: “Mentre trascorre la vita solo tu non sei mai. Santa Maria del cammino sempre sarà con te”. Ecco, cara Flavia: Dio “Ti rialzerà, ti solleverà su ali d’aquila, ti reggerà sulla brezza dell’alba, ti farà brillar come il sole, così nelle sue mani vivrai. Dal laccio del cacciatore ti libererà poi ti coprirà con le sue ali e rifugio troverai”. Prega per noi, stella luminosissima del cielo. Di Dio, dove le stelle risplendono in pieno giorno, luce altissima e intima, legame di amore dal quale nessuno ci può separare.