Azione Cattolica diocesana, Edoardo Russo: una riflessione sulla “guerra delle informazioni”
È successo con la pandemia. Ed è successo con la guerra in Ucraina. All’inizio, disorientati e impauriti, ci siamo fiondati nei programmi televisivi come nei siti web dei giornali, nei canali di Telegram come nei profili di persone che si proclamavano esperte a caccia di notizie, per cercare di capire. Il risultato è stato lo stesso: le nostre vite sono state sommerse da milioni di contenuti. Più i giorni passavano e più siamo stati colpiti da una sorta di rifiuto. C’è chi ha iniziato a fare finta che la guerra non esista, chi ha cominciato ad avere seri dubbi sulle ragioni (e i torti) degli uni o degli altri, chi ha iniziato a sfogarsi sui social. Se prima eravamo tutti virologi, stavolta ci siamo scoperti tutti (o quasi) esperti di geopolitica e di strategie militari. E più i contenuti aumentavano, e più i commenti aumentavano e più aumentava la disinformazione.
Ancora una volta, abbiamo scoperto sulla nostra pelle quanto sia facile creare fake news. Se per noi in Occidente il problema principale è quello di una sovra produzione di notizie (la chiamano infodemia), chi abita in Russia vive il problema opposto: il governo Putin ha silenziato i social stranieri e dalla televisione (principale mezzo di informazione) è sparita la parola guerra. Tutto questo accade perché nessun essere umano si salva da quelli che gli scienziati chiamano distorsioni cognitive: malfunzionamenti cerebrali con i quali il nostro cervello distorce la realtà. Così ci chiudiamo nelle nostre bolle. Decidiamo a priori chi ha ragione e chi ha torto e ci convinciamo di essere gli unici che hanno capito davvero come stanno le cose e quindi che tutti quelli che non la pensano come noi sono nel torto. Avendo a disposizione migliaia e migliaia di fonti alle quali attingere finiamo o col credere a tutto o (più spesso) a non credere più a niente o alle tesi più assurde.
C’è un modo per salvarsi da tutto questo? Per prima cosa non dobbiamo intossicarci di informazioni ma scegliere poche e significative fonti alle quali informarci. E poi dobbiamo fare forza su di noi per combattere le nostre distorsioni cognitive, ascoltando anche chi ha idee che non collimano con i nostri pregiudizi e fuggendo da quell’emotività tipica dei social dove tutto si deve risolvere per forza in fretta, dove ognuno ha una soluzione semplice a problemi complessissimi e dove tutto è sempre più spesso emotività e non ragionamento.
Edoardo Russo – presidente Azione Cattolica Diocesi di Forlì-Bertinoro