Consumo di suolo: in provincia di Forlì-Cesena addio a 17mila ettari nel 2020
Nello spazio di una generazione è scomparso un terreno agricolo su 4 (-28%) seguendo un modello di sviluppo sbagliato che purtroppo non si è ancora arrestato e mette a rischio l’ambiente e la sovranità alimentare del Paese in un momento difficile per l’emergenza Covid. Questo è quanto emerge da una analisi della Coldiretti diffusa in occasione della presentazione del nuovo rapporto Ispra sul “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.
“A causa della cementificazione e della scomparsa dei terreni fertili – sottolinea la Coldiretti – sono andati persi dal 2012 ad oggi ben 4 milioni e 155mila quintali di prodotti agricoli, con la copertura artificiale del suolo agricolo che nel 2020 ha toccato la velocità di 2 metri quadri al secondo, nonostante il lockdown e la crisi dell’edilizia, secondo i dati Ispra”. La perdita maggiore si è registrata sul fronte dei cereali e degli ortaggi con la scomparsa di 2 milioni e 534mila quintali di prodotto, seguita dai foraggi per l’alimentazione degli animali, dai frutteti, dai vigneti e dagli oliveti. Un problema grave in una situazione in cui il grado medio di auto-approvvigionamento dei prodotti agricoli in Italia, secondo l’analisi della Coldiretti, è sceso a circa il 75% con il Paese costretto ad importare ¼ degli alimenti di cui ha bisogno in un momento di grandi tensioni a causa dell’emergenza covid.
L’Emilia-Romagna, sempre secondo il rapporto Ispra, nell’ultimo anno ha detto addio all’8,9% di suolo vergine (circa 200mila ettari) e con un incremento netto annuale di 425 ettari risulta la quarta regione italiana per consumo di suolo dietro a Campania, Veneto e alla Lombardia che guida la classifica con il primato negativo del 12,1%, pari a oltre 288mila ettari. Ovviamente, nell’interpretazione della “graduatoria” e delle percentuali va considerata sia la diversa morfologia regionale sia la storica e peculiare evoluzione del territorio. Sempre rimanendo in regione, la provincia di Forlì-Cesena si colloca al penultimo posto per suolo consumato con una percentuale del 7,2%, pari a 17mila ettari, ma con un aumento netto tra 2019 e 2020 di 30 ettari. La maglia nera regionale spetta a Rimini con una percentuale di suolo consumato del 12%, valore che in ettari è comunque di poco superiore agli 11mila, mentre la performance migliore è quella di Ferrara che ha sprecato una percentuale di suolo pari al 7,1.
Il trend nazionale, in crescita in particolare al Nord e centro Italia, evidenzia anche la necessità di tornare a tutelare le campagne dalla cementificazione perché questo significa anche aumentare la sicurezza idraulica dei territori. Il consumo di suolo dal 2012 ad oggi non ha potuto garantire infatti l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica e alimentando il rischio siccità.
“Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono – è il commento di Coldiretti – l’Italia deve difendere il patrimonio agricolo e la disponibilità di terra fertile puntando a una forma di sovranità alimentare che nell’arco di 10 anni crei le condizioni perché il Paese diventi autosufficiente nella produzione di cibo, anche da donare alle fasce più deboli e in tale ottica un intervento strategico è la realizzazione di infrastrutture a partire dai bacini di accumulo, proposto dalla Coldiretti e non a caso inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) varato dal Governo Draghi. Ma occorre anche accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo, ancora ferma in Senato, che potrebbe dotare il Paese di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio”.